Regole grammaticali

1548 1562

 

 

 

Autore

Gabriele, Giacomo

Titolo

 Regole grammaticali

Stampe

Prima edizione:

 

1545: Regole grammaticali di Iacomo Cabriele. In Venetia, per Giovanni de Farri & fratelli.

 

Biblioteca Nazionale Centrale - Firenze

 

Edizioni e ristampe:

 

[1548?]: Regole grammaticali di m. Iacopo Gabriele. In Venetia, appresso Gio. Griffio.

 

Biblioteca Riccardiana – Firenze

Biblioteca Nazionale Centrale – Firenze

 

1548: Regole grammaticali di m. Jacomo Cabriele. In Venetia, per Gio. Griffio.

 

[1548?]: Regole grammaticali di M. Iacomo Cabriele, non meno utili che necessarie à coloro che dirittamente scrivere ne la nostra natia lingua si dilettano. *

*in volume con Della pronunzia toscana di Orazio Lombardelli e Regole grammaticali della volgar lingua di Giovan Francesco Fortunio.

 

Biblioteca dell’Accademia della Crusca - Firenze

 

[1560?]: Regole grammaticali. G. Griffio, Venetia.

 

1562: In Le osservationi della lingua volgare di diversi huomini illustri, cioe del Bembo del Gabriello del Fortunio dell’Acarisio et di altri scrittori [a cura di Francesco Sansovino]. In Venetia, appresso Francesco Sansovino.

 

Biblioteca dell’Accademia della Crusca - Firenze (2 copie)

Biblioteca di Lettere e filosofia - Firenze

 

1565: In Le osservationi della lingua volgare di diversi huomini illustri, cioe del Bembo del Gabriello del Fortunio dell’Acarisio et di altri Scrittori [a cura di Francesco Sansovino]. In Venetia, appresso Fr. Rampazetto.

 

1643: Grammatica, in Degli autori del ben parlare per secolari, e religiosi opere diverse. Intorno 1. Alla favella nobile d'Italia. 2. Al barbarismo, e solecismo, tropi, figure, & altre virtù e vitii del parlare. 3. Agli stili, & eloquenza. 4. Alla retorica. 5. All'eloquenza ecclesiastica. Venetia, Giuseppe degli Aromatari.

 

Edizioni  esaminate

[1548?].

 

1562: in  Le Osservationi della lingua volgare di diversi huomini illustri,  cioe del Bembo del Gabriello del Fortunio dell'Acarisio et di altri scrittori [a cura di Francesco Sansovino]. In Venetia, appresso Francesco Sansovino.

Sommario e contenuto dell'opera

Al Magnifico M. Marin Gradonico, Iacomo Cabriele (cc. 2r-3r, secondo la numerazione dell’ed. 1548) [Dedicatoria. Le Regole, che, ‘senza alcun soave condimento’, ‘incorrette, et manchevoli’ sono state pubblicate nel 1545 a insaputa dell'autore, che le aveva scritte per se stesso, sono nuovamente pubblicate, nel 1548, dopo essere state corrette e integrate. Vengono esposte le ragioni della dedica: l'autore è mosso dall'affetto per Gradonico e dalla stima che nutre nei confronti di questi per le sue qualità di studioso della lingua]; Trattato di M. Iacomo Cabriele d'intorno le regole de la nostra natia lingua, al suo M. Luca Pollani (cc. 4r-36r) [Le Regole, resoconto di un colloquio avvenuto fra Giacomo e suo zio Trifone Gabriele, sono destinate a Luca Pollani, il quale sovente aveva chiesto all'autore istruzioni riguardo all'uso della lingua volgare. L'esposizione è in forma di dialogo.

Trifone ritiene assolutamente indispensabile che si conoscano le regole della lingua volgare, dal momento che essa viene usata per scrivere non solamente ‘cose d'amore […] ma d'ogni altra scientia’ ed è comune a tutta l'Italia. È cosa degna di rimprovero, inoltre, il conoscere le lingue straniere e ignorare la lingua natìa. Con brevità e ordine intende esporre ciò che ha raccolto da diversi autori, scegliendo solamente le espressioni che contribuiscano a ‘far bello, et leggiadro il parlare pensatamente’.

Le parti del discorso sono distinte tra variabili per numero, persona, tempo e modo (e su di esse varrà la pena di soffermarsi) e invariabili e perciò di per sé facili da comprendere. Una trattazione a parte viene riservata all'uso dell'articolo. Segue una breve disamina dei ‘segni de casi’ (‘di’ e ‘a’, per il secondo e il terzo caso), che vanno distinti dalle ‘propositioni’, che invece introducono il sesto caso.

I nomi si distinguono in sostantivi e ‘agettivi’, a seconda che possano stare di per sé o si debbano aggiungere ad un altro nome. I sostantivi sono di tre ‘sorti’: ‘del maschio’, ‘de la femina’ e ‘neutri’ e di ognuna vengono date le desinenze nel singolare e nel plurale. Alcuni nomi cambiano genere nel singolare e/o nel plurale (ad esempio: ‘orecchia’, ‘orecchio’, ‘orecchie’, ‘orecchi’). I nomi aggettivi, che hanno due generi, il maschile e il femminile, possono essere variabili per l'articolo che li accompagna (‘felice’), o nella forma (‘buono’).

Grande spazio è riservato ai pronomi, considerati in rapporto alla variazione di caso, numero e genere. Non vengono individuate sottoclassi al loro interno, ma la trattazione riguarda di fatto pronomi personali, dimostrativi, indefiniti e relativi. In diversi punti viene affrontata la questione dell'uso dei pronomi personali di terza persona: ‘lui’, ‘lei’ e ‘loro’ sono le forme usate nei casi obliqui e talvolta nel quarto caso; nel primo caso sono usate, per il singolare, le forme: ‘egli’ (‘ei’, ‘e' ‘), ‘ello’ ed ‘ella’; per il plurale: ‘elli’ ed ‘elle’. ‘I men buoni scrittori adoperano talvolta ‘ellino’, ‘eglino’ ed ‘elleno’’, mai usati dal Petrarca. Le forme ‘ello’, ‘ella’, ‘elli’, ‘elle’ sono talvolta nel sesto caso.

Il verbo ha due ‘congiugationi’, individuabili in base alla desinenza della terza persona singolare del presente, che può essere ‘-a’ oppure ‘-e’. Non viene specificato il modo al quale si fa riferimento quando vengono riportate le forme dell'indicativo, di cui, però, sono indicati con precisione i tempi; la prima persona dell'imperfetto termina in ‘-a’; sono citati ed esemplificati altri modi: l'imperativo, l'‘ottativo’, il ‘suggiuntivo’, l'infinito. Per quanto si dichiari che non verranno descritti i tempi composti (le forme che ‘con due voci una sola manifestano del latino’), viene affrontata tuttavia, se pur brevemente, la questione della differenza di significato tra passato prossimo e passato remoto: quest'ultimo si usa per il ‘passato di molto tempo’, mentre le forme del passato prossimo si riferiscono al ‘passato di poco’. Del passivo non conviene parlare, perché nella lingua volgare non ha una forma particolare. Viene data per intero la coniugazione del verbo ‘andare’ (‘vo’). Non è necessario soffermarsi sulle regole d'uso del participio perché, di fatto, nella lingua volgare vien detto col gerundio ciò che in latino è espresso col participio.

Per quanto riguarda gli avverbi, la trattazione verte in particolare su quelli di luogo.

Alle preposizioni non viene riservata molta attenzione, dal momento che sono ritenute argomento di per sé assai facile. Le principali sono: ‘a’, ‘da’, ‘dentro’, ‘fuori’, ‘intra’.

In conclusione dell'opera si ribadisce che è opportuno apprendere a scrivere la lingua volgare, lingua ‘domestica, et naturale, con la quale comunemente parliamo’, e si indicano come esempio da seguire i Latini, i quali, pur conoscendo la lingua greca, più antica e nobile della latina, scrivevano nella loro lingua natìa. Si sostiene, inoltre, che ci si deve adoperare per render ricca la lingua volgare, quanto i Latini si adoperarono per rendere ricca e ornata la loro lingua, e i modelli di lingua devono esser cercati nei buoni autori, in particolare nel Petrarca, ‘osservatore del bello, et leggiadro parlare’].

Apporto generale dell'opera

Obiettivo dell'autore e tipo di grammatica: Dal momento che la lingua volgare, ormai comune a tutta l'Italia, è usata per scrivere di qualsiasi argomento, e che è bene conoscere le regole della propria lingua, l'autore si propone di esporre brevemente e ordinatamente le regole della lingua volgare, proponendo come modelli di lingua gli scritti dei buoni autori. Per quanto in forma di dialogo informale, l'opera, per le fonti e i modelli che propone, risulta essere una grammatica normativa, in cui le regole principali sono date ‘per ferme’.

 

Interessi specifici: La trattazione non viene svolta in maniera sistematica: non si elencano distintamente le parti del discorso, i modi e i tempi verbali, ma vengono focalizzati alcuni argomenti, per i quali si raggiunge anche un certo grado di approfondimento (si veda, ad esempio, la distinzione fra ‘segni de casi’ e preposizioni).

 

-          Innovazioni terminologiche: La terminologia attinge ora da quella del Bembo ora da quella del Fortunio. Di tanto in tanto viene sollevata, sfruttando la forma del dialogo, qualche questione inerente ai termini grammaticali usati: ad esempio, Trifone viene invitato da Giacomo a spiegare perché usi il termine ‘sorte’ per indicare il genere.

 

-          Corpus di esempi: Petrarca, Boccaccio, Dante e Bembo sono gli autori da cui sono tratti gli esempi; essi corrispondono ai criteri che definiscono i buoni autori: ‘coloro, che sono da le piu genti approvati’ (come Boccaccio per la prosa, Petrarca per la poesia e Bembo nell'uno e nell'altro genere). Non sempre sono indicati l'autore e l'opera da cui gli esempi sono tratti.

 

Interesse generale:

-          Influenza subita: Sin dalla loro pubblicazione le Regole grammaticali di Gabriele furono considerate una grammatica bembiana (‘In questo Dialogo adunque, voi havrete le regole medesime del Bembo, ma piu soccinte & forse piu chiare, con qualche avvertimento di più’, Osservationi 1562: 296). Nella storia della grammatica esse trovano posto tra le ‘grammatichette’ che fiorirono sulla scia delle Prose del Bembo e delle Regole del Fortunio nella prima metà del ‘500 (Bonomi 1998c: 33-34).

 

-          Influenza esercitata: La grammatica di Gabriele non è citata da autori successivi, anche se l'inserimento nella raccolta curata dal Sansovino (Osservationi 1562) farebbe pensare a un buon successo fra i contemporanei.

Nota bibliografica

: Osservationi 1562: 295-96; Trabalza 1908: 123-24; Bonomi 1998c: 33-34; Padley 1988: ad indicem; Poggiogalli 1999: ad indicem.